I funghi come fonte di molecole dal potere terapeutico
Il rapporto millenario fra umani e psichedelici ha portato recenti ricerche in ambito neuroscientifico ad associare i funghi al miglioramento dei disturbi psichici nei pazienti studiati.
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Negli ultimi anni, i funghi sono tornati oggetto di un rinnovato interesse grazie alle potenziali proprietà terapeutiche dimostrate da alcune molecole contenute in un ridotto numero di specie. Queste manifestano, tra i vari effetti psicoattivi, anche la capacità di alterare lo stato di coscienza di chi li assume - un evento questo che recenti ricerche in ambito neuroscientifico ritengono sia associato al miglioramento dei disturbi psichici nei pazienti studiati.
Fra questi affascinanti abitanti dei boschi (anche nostrani) non poteva mancare quello che nel nostro immaginario è il fungo per eccellenza: l’Amanita muscaria (chiamato anche agarico muscario). Col suo cappello rosso punteggiato di bianco, è il più inconfondibile e appariscente fra quelli europei. Non è ovviamente per motivi estetici che questo ospite dei nostri boschi ha attratto l’attenzione degli scienziati: in esso sono presenti, infatti, accanto a molecole tossiche, altre con effetto psichedelico, ovvero in grado di alterare temporaneamente la percezione sensoriale e la coscienza di chi le assume.
Figura 1: Amanita muscaria
In questi anni sono in corso studi sull’utilità di tali sostanze psicoattive, naturalmente prodotte da piante e funghi, nel trattamento di disturbi psicologici, come la depressione e l’ansia. Se supereranno il vaglio delle indagini medico-farmacologiche, potrebbero rivelarsi una freccia in più all’arco di psichiatri e psicoterapeuti, chiaramente da usarsi solo all’interno di un contesto terapeutico ospedaliero. Un passo avanti straordinario, dopo decine d’anni di demonizzazione indiscriminata che ha portato all’impossibilità di indagare gli effetti di tali molecole persino nell’ambito della ricerca neuropsichiatrica.
Il rapporto millenario fra umani e psichedelici: la straordinaria avventura di un fungo e della coscienza dei nostri antenati
L’etnobotanico è lo studioso che compie ricerche sul rapporto fra umanità e vegetali/funghi, in particolare sui loro usi e significati culturali. Per farlo, egli deve essere in grado di studiare le testimonianze giunte a noi sin da tempi immemorabili, molto spesso indirette e ambigue, che popolazioni diverse e in luoghi diversi del mondo hanno lasciato dietro di sé. Un lavoro complesso, certosino, che ci restituisce l’immagine dell’A. muscaria come di un fungo considerato da sempre e in ogni luogo “speciale”. Lungi dall’essere “primitive” dal punto di vista delle conoscenze, le popolazioni ne conoscevano gli effetti, e se ne servivano in cerimonie ad un tempo spirituali e curative. Ciò vale soprattutto per una delle regioni nelle quali questa specie fungina cresce spontaneamente: la Siberia. In zone del mondo assai distanti, come ad esempio il Messico, le popolazioni locali hanno indipendentemente individuato tra le piante a loro vicine, oppure tra i funghi o addirittura tra gli animali, delle alternative all’A. muscaria che venivano utilizzate per simili finalità spirituali e curative.
Figura 2: esperienze di alterazione della coscienza
Anche se il susseguirsi delle vicende umane ha portato molto spesso a perdere queste antiche conoscenze, le ricerche compiute da alcuni studiosi come il prof. Samorini ci consentono di gettare uno sguardo sul rapporto fra i nostri antenati e le esperienze di alterazione della coscienza che questi ricercavano. Risulta pertanto suggestiva l’ipotesi che la nostra specie abbia sempre fatto ricorso a psichedelici nel corso della sua storia, e come questo uso possa avere influenzato, di volta in volta e secondo diverse modalità, la sua visione spirituale.
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a cura di Denis Baroni, nell’ambito del tirocinio del Master in Filosofia e Storia della Scienza e della Tecnologia (FISTEC) - Università “Ca’ Foscari” Venezia e Università di Bologna, e Gionata Stancher, sezione Zoologia Fondazione MCR